Margherita Daverio
Margherita Daverio
Il volume “Il diritto come bene giuridico. Un’introduzione alla filosofia del diritto” sorge dalla pluriennale esperienza di ricerca e didattica dell’Autore, docente di Filosofia del diritto nell’ambito della facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università della Santa Croce di Roma.
Come promesso dal titolo, nel volume viene illustrata, secondo la prospettiva del realismo giuridico classico, la concezione del diritto inteso come bene giuridico, ovvero “quel bene che, appartenendo ad un soggetto (una persona umana o una realtà sociale), gli è dovuto da un altro soggetto” (p. 19). Come annunciato dal sottotitolo, il volume è un’introduzione, nel senso pregnante del termine, al metodo (la razionalità filosofica) e ai contenuti (il concetto di diritto, di bene giuridico, di giustizia, di diritto naturale e diritto positivo) della filosofia del diritto, nonché ai suoi presupposti (la realtà delle relazioni umane, la persona, l’intersoggettività). Pur essendo rivolto agli studenti, il testo è più che un manuale ad esclusivo uso didattico; in un tono chiaro e pacato, il volume presenta i caratteri di profondità e accuratezza di un’indagine filosofico giuridica tout court sul tema dell’essenza del diritto, entro cui si articola la concezione del diritto come bene giuridico.
Che cosa è il diritto? L’intero volume risponde a questo interrogativo, una domanda cruciale – se non la domanda – certamente per la filosofia del diritto, ma anche per le altre branche del diritto, compreso il diritto canonico ai cui studenti il testo si rivolge. La domanda sull’essenza del diritto è di interesse per gli studiosi di materie giuridiche, che nelle loro ricerche non possono eludere la riflessione sui presupposti fondamentali del diritto stesso o, se eludono tale riflessione, presuppongono implicitamente una risposta a tale domanda. Lo stesso vale per i giuristi che quotidianamente operano con il diritto e per il diritto attraverso la loro professione, chiamati a conoscere il senso unificante di fondo della realtà di cui si occupano: “affermare la rilevanza esistenziale e concreta della questione sull’essenza del diritto equivale a sostenere la necessità di una filosofia del diritto per comprendere a fondo il mondo giuridico e agire (soprattutto professionalmente) in esso” (p. 27). Alla base dell’indagine vi è infatti l’auspicio, da parte dell’autore, di “gettare ponti, come tante volte si è tentato di fare, tra la teoria filosofica sul diritto e la pratica, senza dimenticare la connessione con gli indirizzi affini (etici, politici, sociologici)” (sempre p. 27).
Scorrendo l’indice si può notare che il volume si apre presentando la rilevanza della questione dell’essenza del diritto (capitolo I) e compiendo un percorso storico nelle origini del concetto di bene giuridico nel realismo giuridico classico (capitolo II), nonché in alcune proposte contemporanee riguardo all’essenza del diritto (capitolo III). Dopo una presentazione analitica del diritto come bene giuridico (capitolo IV), ne vengono illustrati i presupposti immediati (capitolo V) e vengono poi introdotti i beni giuridici fondamentali (capitolo VI), i rapporti tra diritto naturale e diritto positivo (capitolo VII), il collegamento tra bene giuridico e realtà politica (capitolo VIII). Nella sua parte finale, il volume tratta della conoscenza dei beni giuridici (capitolo IX) e dei presupposti filosofici del diritto come bene giuridico, ovvero la visione ontologica e trascendente del diritto come bene giuridico (capitolo X).
In questa recensione vogliamo invitare il lettore alla lettura del testo, presentando con maggiore dettaglio alcuni aspetti, in particolare le origini filosofico-giuridiche del concetto di bene giuridico e i tratti essenziali di tale nozione, nonché identificando alcuni “fili rossi” di particolare rilievo.
L’Autore introduce la concezione del diritto come bene giuridico, innanzitutto ripercorrendone le origini nel realismo giuridico classico (Aristotele, i giuristi del diritto romano, Tommaso d’Aquino), attraverso poi l’oblio di tale tradizione, nella modernità ma non solo (sono introdotte e discusse le posizioni di Occam, Lutero, Suarez, Hobbes, del giusnaturalismo razionalistico, fino al positivismo giuridico di Kelsen), per giungere alle istanze contemporanee riguardo all’essenza del diritto, con particolare riferimento al pensiero di alcuni autori, che partono da prospettive diverse tra loro, ma che si inseriscono nella corrente comune della giusfilosofia di ambito anglosassone (Hart, Raz, Dworkin, Rawls, Finnis). Come riferimento generale, l’impostazione del volume risuona del pensiero di Michel Villey e specialmente di Javier Hervada, cui si deve la ripresa contemporanea del realismo giuridico classico.
L’Autore offre un primo approccio al concetto di bene giuridico, indicandolo come punto di riferimento (l’“unità concettuale”) di ciò che è giuridico, discutendo dei limiti, al riguardo, del concetto legalistico di norma (che è intesa come giuridica solo in relazione alla sua coercibilità e/o alla forza sanzionatoria) e di diritto soggettivo (che esige un criterio di riconoscimento della pretesa del singolo e soprattutto presuppone l’oggetto su cui si esercita il diritto soggettivo). Il diritto inteso come bene giuridico consente infatti di spiegare l’unità delle varie accezioni della giuridicità: ad esempio, il diritto come realtà relazionale, il diritto soggettivo o facoltà di esigere, la norma giuridica, la giustizia, l’obbligatorietà, e via dicendo. Entrando nel vivo della proposta del testo, il bene giuridico è quel bene che, appartenendo ad un soggetto (una persona umana o una realtà sociale), gli è dovuto da un altro soggetto: “Il bene giuridico è un bene di qualcuno, un bene suo, ma che viene chiamato giuridico in quanto è oggetto di un debito da parte di qualcun altro” (p. 20). Tale prospettiva, da un lato “pone come fulcro il bene (ad es. la vita umana o una casa) avente un certo il rapporto con il diritto” (p. 19); dall’altro, fa consistere il diritto nello stesso bene dotato delle caratteristiche che lo fanno essere un diritto, ovvero il rapporto con il soggetto titolare del bene e con il soggetto che ha il dovere di riconoscere che tale bene è dovuto al primo soggetto. Il bene giuridico, dunque, esprime contestualmente la relazione tra il soggetto, il bene che gli è dovuto, e il soggetto destinatario del dovere di attribuire al primo soggetto il bene stesso. La giuridicità del bene si manifesta nel fatto di essere dovuto, e tale carattere di obbligatorietà risiede proprio tra soggetto titolare e soggetto debitore, ovvero nella relazione; la giuridicità, in tal modo, è fondata realisticamente sui rapporti umani in quanto rapporti di giustizia, in questa fase non in senso morale (ciò che è giusto fare) ma nel senso di rapporti intersoggettivi considerati secondo la dimensione di “ciò che è dovuto”.
La prospettiva del bene giuridico viene articolata lungo il testo evidenziando e argomentando i caratteri del bene giuridico (cfr. il capitolo IV, Presentazione analitica del diritto come bene giuridico) che lo rendono compiutamente tale. Un primo elemento è la titolarità del bene e la sua dipendenza da altri. La titolarità del bene e la sua dipendenza da altri include vari tratti: il carattere dell’alterità o intersoggettività, poiché il bene giuridico presuppone l’esistenza di due soggetti, uno che è titolare del bene, e l’altro che è debitore al primo soggetto del medesimo bene; il carattere dell’obbligatorietà, dal momento che il bene giuridico esiste come tale proprio in quanto è dovuto – il punto di riferimento prioritario nella definizione del bene è quello del debitore che deve dare o rispettare il bene dell’altro; il carattere dell’esteriorità, perché il godimento del bene dipende dall’agire esterno di un altro soggetto. Su quest’ultimo punto, è da notare che il carattere dell’esteriorità non comporta che solo i beni materiali siano beni giuridici; anzi, i principali beni giuridici sono quelli inerenti alla stessa persona umana (vita, integrità fisica e salute, sicurezza e ambiente sano, libertà, mobilità, intimità, …): “La specificità giuridica di questi beni è certamente legata alla loro dimensione esterna e sensibile, ma questa dimensione non può essere separata dalla realtà umana complessiva di tali beni, i quali altrimenti diverrebbero delle mere apparenze, non reali” (p. 111). Oltre al legame inscindibile con la giustizia, su cui ritorneremo più avanti, il bene giuridico possiede ulteriori tratti caratterizzanti: l’esigibilità e coercibilità, in quanto in riferimento al bene giuridico il titolare del bene ha la facoltà di esigere l’attuazione o il rispetto della propria attribuzione del bene e, in questo senso, il diritto soggettivo si afferma in conseguenza del bene giuridico; la facoltà di esigere e il processo, poiché il bene può essere esercitata sia informalmente, tramite attività che tendono ad ottenere il rispetto o la soddisfazione dello stesso bene, e il processo, come discussione organizzata volta a chiarire la verità in merito alle pretese in caso di conflitto, per determinare quali siano i beni giuridici davvero esistenti nella singola situazione; inoltre, la coercibilità, per cui è la violazione del bene giuridico l’unica giustificazione del ricorso alla coazione. Nell’insieme di questi caratteri, costitutivamente legati alla natura stessa del bene giuridico come realtà relazionale, il riferimento a tale bene fonda l’esistenza di norme autenticamente giuridiche: il valore essenziale della norma giuridica come espressione della verità pratica si realizza compiutamente nell’orientamento al bene giuridico. Dal bene giuridico sorgono le norme “naturali”, quelle cioè che riguardano direttamente il bene; al bene giuridico orientano le norme “positive” che tutelano il bene stesso; gli aspetti naturali e quelli positivi della norma nel bene giuridico si trovano inestricabilmente uniti e dunque le norme che riguardano gli uni e gli altri coesistono, formando congiuntamente un solo ordine (e non un doppio ordinamento, uno naturale, l’altro positivo). L’Autore riporta l’esempio del bene dell’alimentazione umana, che ha aspetti naturali evidenti, oggetto di norme dichiarative, secondo cui il cibo è necessario per la vita e la salute delle persone; la determinazione concreta di quali alimenti sono in ogni momento dovuti al singolo dipende da aspetti d’indole normativa, come i contratti di compravendita o donazione o le leggi che regolano diversi aspetti del cibo, come conservazione e igiene (cfr. pp. 124-125). In caso di contraddizione tra norme positive e norme naturali, le norme positive, nella prospettiva del bene giuridico, vanno interpretate e applicate in modo da armonizzarle con quelle naturali. A questo proposito, “il rapporto essenziale della norma di diritto con il bene che ne è oggetto fa sì che le norme giuridiche per eccellenza sono quelle riguardanti l’obbligatorietà del bene” (p. 125) mentre le norme relative all’esigibilità e alla coattività del bene sono di indole secondaria.
Dopo questa breve sintesi dei caratteri del bene giuridico, passiamo ora a identificare alcuni “fili rossi” – non esaustivi dei temi trattati nel testo – che si possono individuare in riferimento alla proposta della concezione del diritto come bene giuridico, di particolare interesse per la filosofia del diritto. Ne evidenziamo alcuni.
1) Nella concezione del diritto come bene giuridico la dimensione relazionale – cruciale anche in altre prospettive filosofico giuridiche che studiano il diritto a partire dal suo senso antropologico ed esistenziale, come ad esempio l’ontofenomenologia di Sergio Cotta – è presente a più livelli. Elemento costitutivo del diritto è infatti la relazionalità a partire dal suo oggetto reale, il bene giuridico con la determinazione del bene di ciascuno e del dovere dell’altro a seconda del suo rapporto con lo stesso bene. Il bene giuridico è infatti un concetto doppiamente relazionale: una prima relazione è quella tra il bene e il soggetto che ne è titolare; una seconda, è quella tra il bene e il soggetto che ne è debitore al titolare del bene. “La prima di queste due relazioni è un presupposto necessario del diritto; la seconda integra il diritto costitutivamente. Al centro delle due relazioni c’è il bene” (p. 20). Inoltre, il bene giuridico per il carattere dell’alterità sopra menzionato implica l’esistenza di un due soggetti, e si fonda sull’intersoggettività come elemento umano, in riferimento ad un rapporto con l’alterità che non è estrinseco bensì costitutivo del diritto stesso.
2) È di particolare rilievo la portata epistemologica della concezione del diritto come bene giuridico, che l’Autore sviluppa compiutamente nel testo. La prospettiva del bene giuridico infatti “tiene insieme” molteplici livelli rilevanti per il diritto. Innanzitutto, il diritto e la giustizia: il diritto come “cosa giusta” (cioè il bene di cui il soggetto è titolare e che dunque gli è dovuto da almeno un altro soggetto) è inseparabile dalla giustizia; d’altro lato, la giustizia non è creatrice del diritto ma lo presuppone e ne esprime il compimento. La ragione essenziale per il comportamento giuridicamente corretto è l’esistenza di un bene giuridico da dare o da rispettare; l’obbedienza alla norma è giuridicamente rilevante nella misura in cui la norma ha come oggetto il bene giuridico. Diritto e giustizia sono dunque strettamente collegati non in senso valoriale ma nella concreta realtà relazionale del bene dovuto. Ancora, aspetti naturali – preesistenti e fondativi rispetto alla dimensione positiva del diritto – e aspetti positivi – misurabili criticamente alla luce del rapporto con il bene giuridico – esprimono in unità la giuridicità del bene.
3) In continuità con i due punti appena segnalati, ontologicamente ed epistemologicamente, si recupera il télos interno del diritto: “L’essere del diritto non si coglie in una situazione statica che ognuno pretende di conservare. Al contrario, l’essere del diritto comporta una dinamica finalistica, in cui la finalità immediata è costituita dalla stessa soddisfazione o rispetto del diritto” (p. 21).
4) A partire dalla concezione del diritto come bene giuridico, si giunge a riconoscere la “personalità” del diritto come uno dei presupposti delle giuridicità. Il diritto come bene giuridico presuppone che sia una persona umana (o una realtà sociale riconducibile alla persona umana) il titolare del bene e del debito, dal momento che il rapporto di spettanza e dovere, intrinsecamente legato alla relazionalità e all’intersoggettività, si dà solo in riferimento all’umano. Si tratta di un aspetto di interesse in sé e in particolare per il riconoscimento della persona umana come presupposto del diritto, nonché la centralità di quest’ultima nel mondo giuridico. Ciò è anche significativo in risposta alle istanze di “artificializzazione” in ambito giuridico, si pensi ad es. al dibattito regolatorio in merito alle tecnologie di intelligenza artificiale (IA) in grado di svolgere alcuni compiti in maniera autonoma o all’operare del diritto sempre attraverso tecnologie IA. Inoltre, se nel dibattito contemporaneo il concetto di persona può risultare difficilmente recuperabile nella sua oggettività senza premesse filosofiche adeguate, nella prospettiva del bene giuridico tale concetto può essere riconosciuto come presupposto implicito della giuridicità partendo proprio dalla riflessione sul diritto e sulla sua essenza.
5) Nella linea del realismo classico, la prospettiva del bene giuridico esprime compiutamente una visione ontologica del diritto che a nostro avviso ben si completa con una visione fenomenologico-esistenziale che intende il diritto come struttura relazionale, a partire dal riconoscimento del suo senso di attività umana orientata alla coesistenza.
Infine, va segnalato che i presupposti filosofici del diritto, ovvero il rapporto tra diritto ed etica, lo stesso concetto di persona umana appena richiamato, o ancora una visione ontologica e trascendente del diritto, nel testo vengono tematizzati alla fine, dopo averli “guadagnati” giuridicamente nel corso dell’analisi. Ovvero, non è necessario condividere una concezione filosofica del bene o una concezione morale della giustizia, ad esempio, per poter riconoscere e comprendere la rilevanza della prospettiva del bene giuridico, che ha in sé i caratteri di riferimento unitario della giuridicità. L’importante contributo del testo in questa direzione è che, per comprendere realisticamente la giuridicità, è cruciale innanzitutto muovere dalla riflessione sull’essenza del diritto nei suoi tratti fondamentali.