Pubblichiamo l’Omelia tenuta da S. Em. Rev.ma Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, in occasione delle esequie del Prof. Giuseppe Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, Presidente Emerito dell’UGCI, in data 05 dicembre 2020.

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Omelia Santa Messa esequie Prof. Giuseppe Dalla Torre

Pietro Card Parolin

Eminenze,

Eccellenze,

Cari confratelli sacerdoti,

 Familiari e amici del Prof. Dalla Torre,

Fratelli e sorelle,

Oggi il Signore ci riunisce intorno al suo altare per una celebrazione raccolta e solenne insieme, piena di dolore e, nello stesso tempo, di speranza:  dare l’estremo saluto cristiano al nostro fratello Giuseppe Dalla Torre, che pochi giorni orsono ha varcato la soglia dell’eternità.

“Beati quei sevi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli” (Lc 12, 35ss.), abbiamo ascoltato nel Vangelo appena proclamato. Quando il Signore ha bussato alla porta del Prof. Dalla Torre, sicuramente lo ha trovato pronto e vigile nell’attesa del suo arrivo. Egli è scomparso proprio all’inizio dell’Avvento, il tempo liturgico segnato dalla preparazione al Santo Natale e, per questo, caratterizzato da un vivo senso della venuta del Signore e dell’incontro definitivo con lui.  A questo incontro definitivo egli si è presentato con la lampada accesa, come le vergini di evangelica memoria (cfr. Mt. 25,1-13).

Il Prof. Dalla Torre, in tutto l’arco della sua esistenza, è stato un fedele e devoto servitore della Sede Apostolica e dei Pontefici. In questa operosa fedeltà alla Santa Sede, ha continuato e prolungato  la più che centenaria tradizione della propria nobile famiglia, che, “per quattro generazioni, ha avuto modo di vivere, operare e collaborare – come ha scritto nel libro ‘I Papi di Famiglia’ – in maniera diversa (…) ma sempre con il medesimo impegno ideale, verrebbe da dire vocazionale”.

Collaborazione intesa soprattutto “a contribuire alla realizzazione, per quanto possibile, di quella animazione cristiana dell’ordine temporale che costituisce, in fondo, il fil rouge di una Chiesa finalmente entrata nella modernità di cui accetta le sfide senza contrapporsi ad essa; di una Chiesa che non si oppone al mondo, ma che – pur mantenendo le necessarie distinzioni – si relaziona ad esso entrando nelle realtà mondane, nel saeculum, secondo quel paradigma stupendamente scolpito dal Concilio Vaticano II nella costituzione pastorale Gaudium et spes, relativa appunto alla Chiesa nel mondo contemporaneo. Una Chiesa-popolo di Dio che, come dice un gioiello della letteratura cristiana antica qual è la Lettera a Diogneto, nel mondo svolge la stessa funzione dell’anima nel corpo (VI,1)” (cfr. ivi).

Soffermandoci sulla storia più recente, ricordiamo come il Conte Dalla Torre, nonno del nostro amato defunto, abbia diretto per quarant’anni L’Osservatore Romano (fino al 1967), che suo padre Paolo, per non pochi anni, lavorò in posizioni direttive ai Musei Vaticani e che il fratello Fra’ Giacomo, scomparso nell’aprile scorso, ha ricoperto l’alta carica di Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta,  con unanime apprezzamento.

E numerose sono state le funzioni svolte dal nostro Prof. Giuseppe: risulta persino un po’ arduo indicare i punti salienti del suo cursus honorum, in qualità di giurista e di docente. Non è il caso qui di richiamarli in maniera particolareggiata; altre saranno le sedi opportune per farlo.

Mi piace però ricordare che quando, nel 1991, venne chiamato a Roma dall’Università di Bologna per guidare la Libera Università Maria Assunta (LUMSA), accettò l’invito con iniziale titubanza, chiedendosi: “È bene che uno dei pochi cattolici presenti nella superlaica Università più antica del mondo, abbandoni la propria posizione? Non è forse vigliaccheria, o borghese ricerca del quieto vivere, cercare un asilo in un ambiente accademico la cui tendenza cattolica coincide con le proprie convinzioni?”.  

Emerge, ancora una volta –  limpida –  la sua percezione del compito del fedele laico nel mondo, che ha come sua peculiarità  il “carattere secolare”, cioè il vivere nel secolo, “implicati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale”, cercando il regno di Dio, trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio (cfr. LG n. 31). Una vocazione e una missione di cui abbiamo particolare e impellente bisogno nel mondo di oggi!   

E, per quanto riguarda la LUMSA,  si può affermare con sicurezza che l’Università, sotto la sua guida, ha acquistato una significativa centralità culturale nella città di Roma, centralità che prima non possedeva.

Accanto a questa sua opera di docente, non meno importante è stata la sua partecipazione ai lavori della Commissione paritetica per la revisione del Concordato del 1929 come Segretario della Delegazione governativa italiana, dall’inizio delle trattative nel 1976 fin quasi alla stipula degli Accordi di Villa Madama del 1984. 

Dal 1997 al 2019 ha presieduto il Tribunale dello SCV ed è stato valido Consultore di diversi Dicasteri pontifici. Da Presidente del Tribunale ha trattato con discrezione e misura processi dal grande clamore mediatico, come quelli legati al cosiddetto caso Vatileaks 1 nel 2012 e al caso Vatileaks 2 nel 2015-2016.

La sua forte e disinteressata passione civile lo portò ad accettare la proposta dei Superiori di partecipare alle elezioni comunali di Roma, risultando eletto Consigliere nell’aula Giulio Cesare del Palazzo senatorio tra il 1993 e il 1997, tra le fila di una D.C. ormai in crisi. 

Non meno importanti gli incarichi svolti in qualità di Presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani, di membro del Consiglio universitario nazionale (CUN) (1997-2006) e del Comitato nazionale di bioetica. Infine, ma non da ultimo, è stato ricercato ed apprezzato editorialista di “Avvenire”. 

La vasta e poliedrica attività del Prof. Giuseppe, cui si deve aggiungere la fondazione e la direzione della Scuola di Diritto vaticano, che ha aperto nuove prospettive pure alla giurisprudenza vaticana, è sempre stata sostenuta, oltre che dalla sua brillante intelligenza e dal suo rigore scientifico, anche da una fede vissuta con profondo e sincero attaccamento alla persona del Signore Gesù e al suo Vangelo di salvezza.  Una fede forte e adamantina (cfr. necrologio del Tribunale SCV)!

 È stata questa fede che ha permesso al  nostro fratello di superare momenti dolorosi e difficili nella vicenda umana sua e della  sua amata famiglia. Egli ha vissuto questi momenti – ha scritto il suo successore nel Rettorato della LUMSA, il Prof. Francesco Bonini – “da uomo buono: ci si poteva specchiare nel suo sguardo limpido e sereno”.

Davanti alla dipartita di quest’uomo buono, umile e saggio, noi, pur nella grande tristezza del distacco, crediamo che la morte di un vero discepolo di Gesù, è un vero dies natalis, una vera nascita, che permette di delineare in maniera più nitida e luminosa le virtù del suo pellegrinaggio terreno.

Sì, noi tutti quest’oggi lo diciamo e lo attestiamo che il Prof. Dalla Torre, non diversamente da Giovanni Battista, ha speso l’intera vita sua “rendendo testimonianza alla luce” (Gv 1,7) e facendosi instancabile messaggero (Lc 7,27) dei valori spirituali, morali ed umani del suo Vangelo, dedicandosi a far maturare nel cuore di ognuno, e soprattutto dei giovani,  la ricerca del vero, del bello e del buono, cioè l’amore per le cose “di lassù”, consapevole che in ogni uomo e in ogni donna vive un mistero ineffabile, a volte inconsapevole, vale a dire la nostalgia del Totalmente altro, di Colui che solo può condurci ai pascoli infiniti e inesplorati dove ci darà un nome nuovo, insieme al sigillo della sua incolmabile misericordia.

Il Prof. Giuseppe, nelle varie fasi della sua vicenda umana, sull’esempio di Gesù, non ha considerato sua unica proprietà i tesori di cultura, di sapienza e di fede che gli erano stati donati, da conservare in maniera gelosa, ma li ha partecipati ai suoi amici, ai suoi fratelli e sorelle, trasformandoli in pane spezzato, in cibo di vita da condividere, in uno spirito di servizio che lo ha reso “servo” di tutti, dei piccoli come dei grandi (Fil 2,6-7).

Ricordiamo, a questo proposito, ciò che Papa Benedetto XVI disse nel primo giorno della Quaresima del 2012: “Il libro della nostra vita è uno dei pochi libri che gli uomini e le donne del nostro tempo sono ancora disposti a leggere”.).

Guardandoci intorno noi tutti, insieme in particolare all’amata consorte Nicoletta e alla figlia Paola, sentiamo che l’amico Giuseppe ci manca moltissimo, che nelle nostre vite si è aperto un vuoto, ma sappiamo pure che, al di sopra di tutto ciò, vi è la testimonianza dell’amore, della risurrezione e della vita di Gesù Cristo Nostra Signore, che dà senso e pienezza alla nostra fragile esistenza, esposta alla vulnerabilità: vulnerabilità di cui siamo diventati più consapevoli – e voglia Dio che non perdiamo più questa consapevolezza! – anche attraverso l’esperienza traumatica e dolorosa della pandemia che stiamo vivendo. 

Alla morte e alla vita del Signore affidiamo il nostro fratello Giuseppe, affinché, nella sua misericordia, lo purifichi da tutte le debolezze e le colpe che può aver commesso nella sua vita e lo introduca nella sua gloria, da dove possa pregare per noi e aiutarci far rifulgere sempre più nella nostra vita la fede, la speranza e la carità.

Con fede, speranza e amore ascoltiamo le parole che Gesù pronuncia pure per ciascuno di noi: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede pure in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore ed io vado lì a prepararvi un posto” (Gv 14,1-2).

Allora, possiamo ripetere le parole di Sant’Ignazio d’Antiochia: “È bello tramontare al mondo per risorgere nell’aurora dell’Amore di Dio”.

Amen.