Procreazione medicalmente assistita
Claudio Sartea
1.Cornice di riferimento.- 2. La procreazione medicalmente assistita e i suoi temi.- 3. Stato dell’arte della PMA in Italia.- 4. Prospettive future
1.“Non resistere alla modernità, né assecondarla” (Ruini 2018): abitarla, viverla, dirigerla.
Non sono atteggiamenti “cattolici” né il misoneismo (paura pregiudiziale di tutto ciò che è nuovo: basti ricordare che anche il Vangelo era “nuovo” Testamento), né il luddismo (distruzione delle macchine, opposizione aprioristica alla tecnologia: la capacità tecnica dell’uomo è dono divino): il cristiano è e sa di essere parte integrante della creazione e della sua storia, non le si estrania né le si aliena; è chiamato a “redimere tempus” (Ef V, 16), espressione difficile ma che certamente non significa combatterlo, semmai riscattarlo, letteralmente “riacquistarlo”, riconquistarlo al bene, discernere e trattenere tutto il buono, eliminando quel che buono non è. Siamo chiamati a rigettare gli atteggiamenti ideologici ed applicare il discernimento, la riflessione aperta e franca.
Allo stesso modo, ma sul versante opposto, non sono atteggiamenti cattolici né la rassegnazione (il cristiano è segno di contraddizione, il cristiano è martire-testimone di un’altra dimensione e di altri possibili sensi ed ermeneutiche, il cristiano è lievito che fa crescere tutta la massa, senza complessi di inferiorità quantitativa o qualitativa – si ricordino le “minoranze creative” di Ratzinger), né la perdita del senso critico (Gesù insiste coi suoi discepoli affinché siano come lo scriba saggio, impegnato a discernere pazientemente il buono dal cattivo, pur sapendo che la zizzania concresce con il buon grano).
2.La procreazione medicalmente assistita (PMA), come la chiama la legge italiana, o fecondazione artificiale, come più precisamente dovrebbe dirsi, specie nelle sue manifestazioni più spettacolari (tecniche extracorporee con unione dei gameti in vitro e successivo trasferimento embrionale nell’utero; tecniche eterologhe con moltiplicazione delle figure genitoriali; gestazione per conto d’altri), impone numerose riflessioni su aspetti centrali della bioetica e della biogiuridica, intese come forme di sapere collettivo e transdisciplinare a profondo impatto sociale. Ne menziono alcuni, quelli che considero i principali:
a. Salute e malattia. Le statistiche epidemiologiche parlano di un incremento dei casi di sterilità (inidoneità a concepire) ed infertilità (inidoneità a condurre a termine una gravidanza). Sarebbe ragionevole riflettere sulle cause di questo aumento: legate all’alimentazione, ai farmaci, allo stile di vita, alla contraccezione, alla procrastinazione dei progetti riproduttivi per cause sociali o psicologiche, e molte altre. Sul piano metodologico, se davvero si ha a cuore l’obiettivo di arrestare l’aumento dei casi di sterilità ed infertilità occorrerebbe cominciare da queste cause, per esempio con politiche di sostegno alle giovani famiglie, sistemi fiscali di favore per il lavoro giovanile, le coppie coniugate, la generazione di figli, le famiglie numerose, e così via.
b. Generazione e identità personale. All’attività riproduttiva si connettono per gli esseri umani (in maniera più intensa e psicologicamente più pregnante di altri animali sessuati) forti basi istintuali e luoghi di reperimento del sé, progetti di vita decisivi, in una parola un forte senso identitario (di chi genera e di chi è generato). Gran parte delle espressioni artistiche di tutti i popoli in tutti i tempi, dalla statuaria preclassica al cinema contemporaneo, si concentra sulle relazioni generative come fonti/ricerche di senso. Lo stesso rapporto con il trascendente è stato foggiato da molte religioni in termini di filiazione. L’azione riproduttiva consapevole è senza dubbio, sul piano identitario, una tra le più rilevanti che l’essere umano possa compiere, sia per quel che concerne la sua identità come singolo, sia per quel che concerne la coppia.
c. Cultura e tecnica. La tecnica è una delle manifestazioni della cultura umana, che a sua volta riflette l’umana natura. Non è corretto contrapporre sic et simpliciter natura e cultura, giacché se non avessimo una determinata natura, non elaboreremmo cultura (gli animali, che come diceva Heidegger sono “poveri di mondo”, non producono cultura). Semmai, si può dire che la natura umana è culturale. Dunque la tecnica, che è una delle componenti della cultura umana, e così viene considerata sin dal mito di Prometeo, non è affatto di per sé contro l’uomo né contro ciò che è umano nella vita dell’uomo: al contrario, ha lo scopo di coltivarlo e crescerlo. Oggi però, più che in altri tempi, a seguito delle rivoluzioni socioculturali che hanno dato vita alla tecnologia (come sistema generato dalla tecnica, come sostituzione del tecnico al naturale: tecnomorfismo), siamo posti davanti alla sfida del potere della tecnica, che rischia di sovrastarci e rivoltarsi contro di noi (la fantascienza è ricca di esempi in tal senso, e numerose delle distopie che essa ha elaborato sembrano avvicinarsi ogni giorno di più alla realtà; le cosiddette prospettive postumanistiche e transumanistiche vorrebbero trasformare tali narrazioni in vere e proprie antropologie filosofiche). Torna a mostrarsi la profonda verità dell’affermazione (chiave dell’etica) secondo cui non tutto quel che può farsi deve farsi.
3.Va premesso che la bioetica e la biogiuridica non conoscono né rispettano le frontiere: sono ben noti i fenomeni cosiddetti di “turismo” abortivo, procreativo, suicidario, e così via. Inoltre, la storia giuridica ci conferma una progressiva riunificazione degli ordinamenti, vuoi nel senso istituzionale e normativo (unioni di Stati), vuoi nel senso giurisdizionale (Corti sovranazionali). Con questi limiti, è possibile riflettere sulla situazione italiana, che si lega alla legge n. 40 del 19 febbraio 2004, e successive modifiche. Si tratta di un articolato ben conosciuto, di cui qui si ricapitolano gli aspetti salienti:
- La legge adotta una prospettiva terapeutica (art. 1.1, art. 4). La PMA viene presentata come rimedio medico alla sterilità ed infertilità considerate come patologie degli individui o di coppia. Si tratta di una premessa erronea (le tecniche di PMA comunemente intese, di per sé, non guariscono la malattia né modificano l’assetto sintomatologico), ma interessante per stabilire dei limiti ad una concezione edonistica oppure tecnomorfica delle pratiche, così come alla manipolazione del reale come lotta alla casualità dell’origine).
- La legge si sforza di preservare (per quanto talora in forma goffa) una parvenza di imitatio naturae: riserva il trattamento di PMA alle coppie (anche se non necessariamente coniugate), in età fertile, di sesso diverso (art. 5); pone(va) un limite numerico alla quantità di embrioni producibili in provetta nello stesso ciclo di trattamento (in natura la gemellazione è rara ed i parti trigemini rarissimi); vieta il ricorso alla crioconservazione embrionale; proibisce e sanziona duramente la clonazione e l’ibridazione (art. 13).
- La legge si oppone con fermezza (anche qui, forse più con enfasi che con efficacia e vera credibilità) allo sfruttamento delle persone, delle cellule e degli organi riproduttivi, ed alla centratura economica dei processi generativi: per esempio con il divieto di commercializzazione degli ovociti e degli spermatozoi, e con la repressione della maternità surrogata (specialmente nelle sue forme remunerate) (art. 12.6).
Come noto, due interventi della Corte Costituzionale (sentenze n. 151 del 2009 e n. 162 del 2014) hanno modificato l’assetto normativo in punti essenziali; altre decisioni Consulta e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo hanno rivisto alcuni profili rilevanti (come il divieto di diagnosi preimpianto di tipo non osservazionale), ed un sottobosco di decisioni dei giudici ordinari, contravvenendo peraltro al principio della distinzione dei poteri e violando a volte apertamente il vincolo di obbedienza alla legge, ha favorito la tendenza a considerare la legge praticamente superata e, come spesso si è detto in linguaggio giornalistico, del tutto “smantellata”. L’espressione non è corretta, ma le tendenze recenti (e non solo italiane), soprattutto per la via del diritto internazionale privato e del riconoscimento della validità di atti giuridici stranieri, in contrasto con le linee portanti della normativa approvata dal Parlamento nel 2004, vanno indubbiamente verso:
- il riconoscimento della surrogazione di maternità (almeno nelle forme gratuite),
- l’assimilazione delle coppie di persone di sesso diverso alle coppie di persone del medesimo sesso in ordine all’accesso alle tecniche,
- la legittimazione della contrattazione di gameti e prestazioni gestazionali,
- la funzionalizzazione non terapeutica del ricorso alle tecniche da parte di coppie fertili ma portatrici di malattie geneticamente trasmissibili, o da parte di donne anche sole che preferiscano non accollarsi gli oneri ed i rischi della gravidanza,
- la legalizzazione della crioconservazione di massa (e la connessa ammissione della ricerca e della sperimentazione su embrioni conservati in vitro).
4. Nello scenario che va delineandosi, agli operatori sociali (medici, giuristi, politici, assistenti sociali, psicologi, sociologi, educatori, e così via), che si rispecchiano in un’assiologia di orientamento cristiano aperta, responsabile e sensibile come sopra delineata, sembrano aprirsi le seguenti strade:
- Mantenere la prospettiva terapeutica, nella consapevolezza che pur non trattandosi dell’ermeneutica più corretta per queste pratiche, ne assicura almeno una ragionevole limitazione e funzionalizzazione. Si tratta di preservare la necessità della diagnosi di patologia per l’accesso alle tecniche, e poi di garantire la medicalizzazione dei trattamenti perché non finiscano nelle mani dei mercanti (il recente caso Antinori, pur risoltosi in maniera favorevole all’imputato, è un segnale delle possibili derive mercantilistiche di queste pratiche, solo in parte sostenute con denaro pubblico).
- Conservare l’ottica di imitatio naturae, evitando estensioni arbitrarie per l’accesso e le modalità (così si conferma il “principio famiglia” come criterio guida in contesto bioetico e biogiuridico). Appare anche come la via più idonea per salvaguardare la dignità di tutti i soggetti coinvolti nelle pratiche, ciascuno di essi a diverso titolo vulnerabile.
- Incoraggiare la trasparenza comunicativa, da parte degli organi di comunicazione di massa, ma anche degli operatori del settore. Per fare un esempio, si pretende trasparenza sulla provenienza delle uova alimentari o sulla qualità biologica degli ingredienti dei biscotti, ma nessuno è tenuto per legge a comunicare ai pazienti/clienti la composizione del liquido contenuto nella provetta in cui verrà tentata l’unione dei gameti: e questo, oltre ad incidere sulle chances di concepimento, ha effetti comprovati sulla salute e qualità di vita dell’eventuale nascituro.