“La richiesta di riconoscimento di nuovi diritti è universale e costante. Da tempo essa sta diventando illimitata, e riguarda situazioni giuridiche della più varia natura, per molte delle quali ci si deve chiedere se veramente siano meritevoli di tutela: ci si deve chiedere quale sia – al di là delle aspirazioni dell’umanità, e della concezione che comunemente se ne abbia – la reale natura dei diritti inviolabili dell’uomo”

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Diritti inviolabili dell’uomo

Alessandro Catelani

1. La tutela costituzionale dei diritti inviolabili dell’uomo. 2. La positivizzazione di valori morali compiuta dalla Costituzione. 3. La tutela costituzionale dei diritti umani. 4. Il riconoscimento dei diritti come fatto di relazione. 5. L’impossibilità di un riconoscimento illimitato dei diritti inviolabili dell’uomo.

1.Nella società in cui viviamo, si è ormai universalmente affermata l’esigenza di tutelare i diritti inviolabili dell’uomo. L’ultimo conflitto mondiale, con le spaventose sofferenze che ha provocato all’umanità, è stato decisivo in tal senso: quello che veniva da alcuni affermato, è ormai di comune dominio.

La richiesta di riconoscimento di nuovi diritti è universale e costante. Da tempo essa sta diventando illimitata, e riguarda situazioni giuridiche della più varia natura, per molte delle quali ci si deve chiedere se veramente siano meritevoli di tutela: ci si deve chiedere quale sia – al di là delle aspirazioni dell’umanità, e della concezione che comunemente se ne abbia – la reale natura dei diritti inviolabili dell’uomo[1].

I diritti inviolabili dell’uomo sono tutelati sulla base dei principi etici che le Costituzioni moderne hanno fatto propri. Tali precetti non si identificano con qualunque norma morale, ma soltanto con quella parte di esse che attiene allo svolgimento della vita associata, in relazione al concreto atteggiarsi dei rapporti intersoggettivi. Esiste al riguardo tutto un complesso di norme morali che, in quanto aventi ad oggetto  la vita e la dignità delle persone, si prestano ad essere seguite da chiunque, a qualunque religione appartenga, o che viceversa faccia professione di ateismo. Queste sono le norme universalmente valide, che vengono richiamate a proposito di quelli che sono considerati i diritti inviolabili dell’uomo, e che in quanto tali devono essere da tutti accettate.

2.Attraverso le norme costituzionali, tali precetti morali acquistano una loro giuridica vincolatezza, diventano diritto positivo, e devono essere da tutti osservati[2]. Secondo quanto prescrive la Costituzione, il diritto positivo deve essere improntato a valori morali i quali, partendo dal vertice della piramide normativa, si ripercuotono fino alla base, attribuendo un significato etico indelebile ad ogni – anche il più insignificante – precetto giuridico. Sul piano giuridico, la struttura dell’ordinamento deve essere caratterizzata da valori morali, i quali li improntino di sé, imponendoli alle restanti norme del diritto positivo.

Le situazioni giuridiche soggettive, che tutelano le varie manifestazioni della personalità umana, vengono a realizzare concretamente questi principi che la Costituzione garantisce.

A livello di principi giuridici costituzionalizzati, vengono enunciati  criteri morali che sono alla base della civile convivenza ed a fondamento del diritto stesso. Ed anzi tali principi fondamentali sono – si direbbe – il meccanismo attraverso il quale il pregiuridico diventa giuridico, ossia diritto positivo. I principi giuridici trovano il loro contenuto, la propria giustificazione, in criteri pregiuridici di giustizia sostanziale, quali sono appunto i valori etici.

La Costituzione rende vincolanti nei rapporti intersoggettivi, all’interno dell’ordinamento, attribuendogli efficacia di legge costituzionale, e quindi una posizione sopraordinata nella gerarchia delle fonti, valori spirituali, quali criteri essenziali, ai quali lo Stato si deve uniformare. Un fondamento etico del corpo sociale si rinviene necessariamente nella Carta Costituzionale, perché nello Stato il complesso normativo, pur essendo di per sé una realtà contingente, deve essere conforme a valori assoluti; e ciò accade in quella misura e con quelle caratteristiche peculiari che sono proprie del popolo e della sua cultura.

 In uno Stato libero e democratico la legge non deve essere espressione dell’arbitrio del potere pubblico – dal che deriverebbe la possibilità di un suo contenuto immorale – ma deve ottemperare a precetti etici. Tali principi e criteri morali vengono concretamente fatti valere attraverso la Costituzione, tramite la quale essi assumono l’efficacia propria del diritto positivo. Le norme morali sono fatte valere attraverso il loro inserimento in precetti costituzionali, i quali, in quanto sopraordinati nella gerarchia delle fonti, sono in grado di condizionare ogni fonte normativa inferiore. A prescindere da tale positivizzazione e costituzionalizzazione, quei precetti morali non possono essere fatti valere. E’ pertanto la Costituzione, e solo quella, in grado di tutelare i diritti inviolabili dell’uomo.

Il diritto positivo ha carattere necessariamente contingente perché deriva dalla volontà – umana – degli organi esponenziali della società; per cui sorge l’esigenza di garantirne la conformità rispetto a quei precetti morali che concernono i rapporti intersoggettivi. Questi non sono scritti, per cui, per avere una loro concretezza ed una loro effettiva consistenza, devono essere espressi attraverso norme positive che, come tutte le norme giuridiche, anch’esse siano opera umana, ma che appaiano sopraordinate rispetto alle altre, e che in quanto tali esprimano, sul piano appunto del diritto positivo, valoro spirituali fissi e immutabili, e rappresentino un limite ed un condizionamento contenutistico nei confronti delle concrete norme legislative, le quali, rispetto  ad esse, sono subordinate[3].

3.Nell’ambito dei diritti soggettivi vengono considerati inviolabili quelli che hanno ad oggetto le manifestazioni della personalità umana. La disciplina giuridica contingente, che necessariamente è cangiante e mutevole, non deve pregiudicare tali diritti, che direttamente si ricollegano a principi etici costituzionalmente garantiti, ai quali devono dare attuazione.

La legge ordinaria, che tutela la vita e la dignità umana, e tutti i diritti di libertà, si pone in rapporto con i precetti costituzionali, rispetto ai quali ha una funzione attuativa, appunto in quanto subordinata; ed è tale conformità rispetto alle norme superiori che garantisce l’osservanza dei precetti contenuti nella Costituzione, e quindi delle garanzie in essi insite. Le norme giuridiche positive subordinate garantiscono i diritti umani dei consociati, in quanto devono essere necessariamente conformi alla Costituzione, e pertanto ai precetti morali che in quella sede sono positivizzati.
Nel caso del nostro ordinamento – ma anche, più in generale, negli Stati moderni di origine europea -, questi valori sono fondamentalmente quelli del Cristianesimo e di una cultura laica e liberale che, se pur si contrappone a quella religiosa, converge verso quest’ultima in maniera significativa, giungendo alle stesse conclusioni[4]. Il diritto positivo del nostro – come di tutti gli altri ordinamenti di origine europea – è dunque impregnato di valori assoluti che sono fondamentalmente cristiani e, anche se laici, di remota origine cristiana.

Tutti questi valori si ritrovano, e ne costituiscono la ragion d’essere, nelle norme positive, le quali di essi sono, in maniera più o meno immediata, a seconda delle circostanze, espressione. Quelli che sono i diritti inviolabili dell’uomo, definiti nell’art. 2 della nostra Costituzione, e nelle seguenti norme della stessa sui diritti di libertà, corrispondono ad una concezione la quale rispecchia una tradizione di pensiero e di cultura, sia laica che religiosa, improntata a questi valori.

4.In quanto i diritti inviolabili corrispondono a precetti etici, il loro riconoscimento non può essere illimitato.
Ogni diritto soggettivo è una situazione di vantaggio relativa ad un certo bene, che può essere di varia natura, la quale è garantita dalle norme dell’ordinamento giuridico nel quale il singolo è inserito. I diritti umani sono, sotto il profilo giuridico, anch’essi diritti soggettivi nascenti dall’ordinamento nel quale sono inseriti; e come tali sono assoggettati, al pari di qualunque altro diritto soggettivo, a limitazioni ben precise. Ogni norma giuridica definisce una relazione intersoggettiva, effettuando un contemperamento delle contrapposte sfere di interesse delle quali ciascuno è titolare; ed è attraverso tale contemperamento tra i vari soggetti, fra i quali la collettività su scompone, che viene garantita la libertà dei componenti del corpo sociale[5].

Ogni posizione di vantaggio di ciascun soggetto non è isolata, ma inserita in un più ampio contesto, rappresentato dall’intero corpo sociale: dal che deriva che il diritto soggettivo in tanto esiste, in quanto è correlativo all’imposizione di obblighi ad altri soggetti. Ognuno gode dei propri diritti nei limiti in cui gli altri consociati adempiano ai propri doveri. Il diritto è un fatto di relazione: ogni norma giuridica, per tutelare una posizione di vantaggio, necessariamente provvede all’imposizione di obblighi, generici o specifici che siano, nei confronti degli altri consociati. Le norme, per creare un diritto soggettivo, devono imporre ad altri obblighi di fare o non fare alcunchè, un comportamento quindi che può essere positivo o negativo.

Proprio in quanto il singolo non può vivere isolato, ma deve essere inserito in una collettività, mentre l’esistenza del singolo estraniato dalla società non è neppure astrattamente concepibile, ciascuna norma deve avere necessariamente lo scopo di contemperare le esigenze di ciascuno con quelle degli altri consociati. Le norme, unitamente al conferimento della situazione giuridica attiva, impongono dunque obblighi di varia natura.
Il diritto oggettivo definisce la posizione di ciascun soggetto nell’ambito dell’ordinamento giuridico. Nessun diritto si può esercitare, e può essere configurato, a prescindere da certi limiti, perché nessun diritto si può concepire se il singolo non è inserito stabilmente in una collettività. Il diritto a tenere un certo comportamento è un diritto condizionato dalle esigenze della società, nella quale il soggetto è inserito: “…ciò che è in questione è soltanto la forma di relazione dei due arbitri, in quanto questi sono considerati assolutamente come liberi, e occorre cercare unicamente se l’azione di uno dei due possa accordarsi con la libertà dell’altro secondo una legge universale. Il diritto è dunque l’insieme delle condizioni, per mezzo delle quali l’arbitrio dell’uno può accordarsi con l’arbitro di un altro secondo una legge universale di libertà[6].

Attraverso la determinazione dell’attività consentita dal diritto positivo, si definiscono i limiti della sfera giuridica di ciascuno, e pertanto la configurazione stessa dei diritti umani, la cui consistenza è data dai confini entro i quali una certa attività si può esercitare.

Il diritto è un fenomeno associativo che attiene a quella particolare dimensione della personalità umana, la quale riguarda i rapporti del singolo con i suoi simili. Ciascun soggetto, per il fatto stesso che vive ed agisce, si pone in rapporto con le persone con le quali, in maniera più o meno stabile, si incontra. Da ciò l’esigenza di regolamentare questi rapporti, in modo che la sua personalità, così come quella delle persone con le quali viene in contatto, sia salvaguardata. Attraverso le norme giuridiche si definiscono le contrapposte sfere di interessi, perché il diritto è per sua natura determinazione e delimitazione di contrapposti interessi. Il contemperamento delle contrapposte sfere giuridiche nei rapporti intersoggettivi avviene attraverso la salvaguardia di una situazione di interesse, che fa capo ai soggetti dell’ordinamento tra i quali il rapporto, stabilito dal diritto, intercorre. L’interesse è la situazione sostanziale sottostante alla posizione giuridica di vantaggio che l’ordinamento crea a favore di certi soggetti, pubblici o privati.

5.Dal che appare con chiarezza che il godimento dei diritti di ciascuno è condizionato dall’adempimento dei propri doveri da parte degli altri consociati. In tanto ciascuno gode dei propri diritti, in quanto gli altri soggetti dell’ordinamento adempiano ai propri doveri. Nel che sta l’estrema difficoltà di garantirli. La garanzia dei diritti si identifica con l’imposizione dell’obbligo di adempiere ai propri doveri agli altri componenti dell’ordinamento.

La salvaguardia di diritti non può essere illimitata perchè, se si prolunga all’infinito, essa determina la lesione diritti altrui. La tutela di certi diritti, se considerata nella sua assolutezza, può tradursi nel pregiudizio di altre situazioni giuridiche soggettive. La tutela dei diritti umani, se è veramente tale, non deve allargarsi fino a comprendere quelle posizioni di vantaggio che vanno a detrimento dei diritti altrui. I diritti umani non devono essere privilegio solo di alcuni, ma di tutti, perché altrimenti perdono la loro natura di diritti inviolabili dell’uomo. Non quindi ogni pulsione, o sentimento, o desiderio, deve tradursi in un diritto, ma soltanto quelli che devono essere riconosciuti degni di tutela perché non danneggiano altri soggetti, o la collettività nel suo complesso.

Ogni teoria che prometta il soddisfacimento di qualunque desiderio, qualunque esso sia, è destinata ad avere un immenso successo, perché soddisfa ciò che l’uomo desidera. Ma una simile impostazione appare apertamente difforme da ogni principio morale, perchè comprende anche il riconoscimento di diritti che pregiudicano situazioni soggettive altrui. Se facciamo ad esempio il caso del diritto di aborto, da molti considerato come una grande conquista, l’interesse della donna a liberarsi del proprio figlio contrasta con l’esigenza di tutelare una vita umana innocente, che viene soppressa.

Il riconoscimento dei diritti trova il suo fondamento nell’adempimento dei doveri; e quanto meglio vengono da ciascuno adempiuti i propri doveri, tanto più efficacemente sono tutelati i diritti che ne derivano. Chiaramente l’opinione pubblica non ama soffermarsi sui doveri, ma solo sui diritti; mentre è invece l’adempimento dei doveri di ciascuno, anziché la rivendicazione dei diritti, il più efficace strumento per tutelare i diritti dei consociati. La tendenza, che tanto successo ha avuto nell’epoca in cui viviamo, ad un riconoscimento sempre più ampio, e praticamente illimitato, dei diritti che si pretendono inviolabili, deve avere dunque dei limiti; perché ogni riconoscimento di diritti appare correlativo all’imposizione di doveri altrui, a limitazioni della sua sfera giuridica, la quale non può essere pregiudicata dalle arbitrarie pretese di alcuni consociati.


[1] P. Costa, I diritti di tutti e diritti di alcuni, Modena, 2018; R. Aléxy, Dignità umana e proporzionalità, in Lo Stato 2018,13; G.Pino, In difesa del costituzionalismo dei diritti, in Lo Stato 2018, 59; V. PossentiI, Diritti umani-L’età delle pretese, Soveria Mannelli, 2017; R. Frost, La giustificazione dei diritti fondamentali: un approccio teorico-discorsivo, in Riv. int. di fil. del dir. 2017, 539; L. Poli, Aborto e diritti umani fondamentali: corte europea dei diritti umani e treaty bodies a confronto, in Dir. umani e dir. internaz. 2017, 189; A. Catelani, Problemi giuridici della società contemporanea, Roma, 2016; M. Cartabia, I diritti in Europa: la prospettiva della giurisprudenza costituzionale italiana, in Riv. trim. di dir. pubbl. 2015, 29; A. Rauti,  La persona umana fra totalitarismo e Stato costituzionale, in Dir. e soc. 2015, 503; A. Catelani, Il diritto come struttura e come forma, Soveria mannelli, 2013; G. Azzariti, Verso la democrazia attraverso i diritti, in Pol. del dir. 2013, 3; L. FERRAJOLI, La democrazia attraverso i diritti, Roma-Bari, 2013; P. Caretti, Globalizzazione e diritti fondamentali, in Dir. e soc. 2013, 1; F. D’Agostino, Un nuovo linguaggio dei diritti dell’uomo, in Iustitia 2012, 415; M. Mezzanotte, Legalità costituzionale e diritti fondamentali dopo il Trattato di Lisbona, in Rass. parl. 2012, 379; S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari, 2012; G. Monaco, la tutela della dignità umana: sviluppi giusnaturalistici e difficoltà applicative, in Pol. del dir. 2011, 45; A. Cassese, I diritti umani oggi, Roma-Bari, 2010; P. Becchi, La dignità umana nella società postsecolare, in Riv. int. di fil. del dir. 2010, 503; L. Ferrajuoli, Per una teoria dei diritti fondamentali, in Dir. pubbl. 2010, 141; A. Catelani, Radici cristiane della civiltà europea e diritti fondamentali nell’Europa unita–Nuovi studi sulla Costituzione europea, in A. Lucarelli-A. Patroni Griffi ( a cura di ), Napoli, 2009; M. Cartabia, L’universalità dei diritti umani nell’età dei nuovi diritti, in Quaderni cost. 2009, 537; P. Caretti, I diritti fondamentali nell’ordinamento nazionale e nell’ordinamento comunitario: due modelli a confronto, in Dir. pubbl. 2003, 939; C. De Fiores, I diritti inviolabili dell’uomo tra crisi della sovranità e uso della forza, in Pol. dl dir. 2000, 193; A. Baldassarre, Diritti della persona e valori costituzionali, Torino, 1997.

[2] A. Catelani, Costituzioni moderne: un nuovo umanesimo, in A. Catelani-P. Bagnoli ( a cura di), Valori etici e Costituzioni moderne, Arezzo, 2007.

[3] A. Catelani, Costituzioni moderne: un nuovo umanesimo cit., loco cit.

[4] A. Catelani, Radici cristiane della civiltà europea e diritti fondamentali nell’Europa unita, in A. LucarelliI-A. Patroni Griffi ( a cura di ), Dal Trattato costituzionale al Trattato di Lisbona-Nuovi studi sulla Costituzione europea, Napoli, 2009.

[5] A. Catelani, il diritto come struttura e come forma, Soveria Mannelli, 2013.

[6] I. Kant, La metafisica dei costumi, Parte I, IV, paragrafo b.